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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Inviato il:

13 Maggio 2025
Andrea Pieragnoli

IL TIMER

Il timer è un apparecchio meccanico o elettronico che esegue un conto alla
rovescia per un tempo determinato, raggiunto il quale solitamente emette un
segnale, un allarme, per avvisare che qualcosa, automaticamente o meno, deve
succedere: lo spegnimento di un forno, la cottura della pasta raggiunta, la
partenza di un razzo, un evento bomba, lo scoppio di una bomba.
L’opposto del cronometro, il quale mostra un tempo progressivamente crescente e
in teoria senza limiti che, se impostati, determinano il cosiddetto “fuori tempo
massimo”. Time out.

Il timer più grande che io abbia mai visto è stato installato a Ferrara: un tabellone
elettronico, collocato in via Modena all’incrocio con viale Po, che ha iniziato a
mostrare il “conto alla rovescia” all’evento epocale più atteso in Città: il concerto di
Bruce Springsteen e la sua band.
Poco dopo il suo avvio, il 9 settembre 2022, mostrava in una foto 250 giorni, 4 ore,
40 minuti e 33 secondi.
Avrebbe raggiunto lo zero di tutti i valori il 18 maggio dell’anno successivo.
Ma il suo trascorrere del tempo avrebbe visto, proprio il giorno prima del suo
azzeramento, una delle pagine più tristi della nostra Regione: la grande alluvione
del 17 maggio 2023, preceduta da quella del 3 maggio.
Ricordo piogge intense che hanno insistito anche su tutta la Città di Ferrara a
partire da aprile; ricordo il Parco Urbano Giorgio Bassani, luogo deputato ad
accogliere il concerto, sempre intriso d’acqua e i tecnici addetti costretti a lavorare
in situazioni climatiche non proprio balneari, anzi, molto balneari, tra pioggia che
cadeva e acqua accumulata per terra: montate le strutture del palco, un tecnico,
arrampicato ad una ventina di metri dal suolo, frustato dalla pioggia, cercava di
prendere al volo una gigantesca linea di array (diffusori sonori) che, ondeggiante
sotto la forte bora, non ne voleva sapere di farsi mettere in posizione.
Ricordo che l’11 maggio, a soli 7 giorni dal concerto, il sottomura che costeggia via
Bacchelli e fino a sfiorare la Porta degli Angeli si presentava come un’unica
piscina e per Francolino la ciclabile interamente sommersa di acqua a filo dei
campi.
Quello che successe il 17 maggio segnò, e segna ancora, il cuore di tutti:
l’Appennino da Bologna a Cesena a Rimini si mosse ruscellando frane e fango nei
torrenti, che lo riversarono nei fiumi, che ruppero gli argini aprendogli la strada fino
alle porte di Ravenna, travolgendo cose, vite, speranze e futuro.
Ferrara fu salva grazie al Reno, che a gamba tesa deviò la rovina verso est.
Stavamo a guardare, mentre il timer, spariti i giorni, mostrava solo ore.
In un certo senso ci si poteva girare con le spalle verso nord, per godersi il
concerto del Boss.

Ma non fu cosi semplice. Il giorno del concerto, il 18, ad un’ora di distanza e a un
giorno di distanza dalla tragedia, quello che la natura dà, prima o poi riprende e
presentò il conto trasformando rapidamente sotto i piedi degli spettatori il soffice
manto erboso del Bassani in fango.
Nonostante il tentativo di ridurre i disagi spargendo paglia trasportata all’ultimo
momento con lunghi autocarri, il fango non mollava. Una squadra di pompieri fu
chiamata per drenare il prato con potenti idrovore, ma era come raccogliere
l’acqua che entra dalla porta per buttarla dalla finestra: si ripresenta alla porta e
rientra senza bussare.

Le motopompe della protezione Civile per drenare l’acqua dal terreno del concerto

I ricordi per il momento si fermano qui. Comincia l’analisi.
Il Parco Bassani insiste in un quadrilatero compreso tra via della Canapa a ovest,
il fiume Po da Pontelagoscuro a Francolino (via Lavezzola) a nord, Malborghetto a
est, via Bacchelli e il sottomura a sud.
Tutte queste terre oggi emerse ma una volta paludose sono caratterizzate da
terreno morbido e comprimibile, facilmente impregnabile. La pioggia qui, quando
lo bagna, lo tiene umido per giorni. Lo so: ci vivo accanto. E quasi tutte le mattine
al sorgere del sole e dopo la pioggia si alza la nebbiolina dell’umidità che
confonde tutto e lo dipinge come un quadro. La si vede se ci sei, non se sei in
ufficio a guardarne la planimetria e pensi di conoscerlo perché ci hai fatto due
passi. La sua fragilità la dimostra tutta osservando le sue nuove strade, bianche e
allargate per sostenere il traffico dei futuri eventi, che già presentano gli
avvallamenti paralleli creati dalle ruote dei pochi mezzi che qui transitano: qualche
volante, i mezzi di manutenzione e sfalcio erba, qualche modellista che va al
laghetto per far navigare la sua barchetta.
Voglio vedere, o meglio, non voglio vedere quando passeranno i mezzi che
trasporteranno le impalcature per i nuovi spettacoli…
Della loro natura i toponimi parlano chiaro:
– via della Canapa: era probabilmente una via d’acqua attraverso la quale arrivava
da Cento e partiva verso il Po la canapa. Altra ipotesi che qui si coltivasse la
canapa. In ogni caso questa zona era paludosa.
– Pontelagoscuro: racconta di un ponte in legno posto in opera per attraversare un
lago dal colore scuro, perché limaccioso, probabilmente nato dall’allargarsi di
un’ansa del Po e poi resasi indipendente in forma per l’appunto, di lago.
Nei pressi si trovava subito dietro alla chiesa un palazzo edificato nel 1500
chiamato Palazzo dell’Isola: forse collocato proprio su una piccola isola emergente
da quel lago.
– Malborghetto: un piccolo borgo di poche case chiamato in quel modo perchè
difficile da raggiungere. Evidentemente per “isolamento” causato dalle paludi
limitrofe.
I rilievi topografici di questo quadrilatero mostrano che il Parco Bassani si colloca
a circa 2 metri sul livello del medio mare, mentre tutta la Città di Ferrara mostra un
livello sul medio mare che dal sottomura di via Bacchelli sale progressivamente

per raggiungere e superare i 12 metri nella zona del centro storico, per poi
declinare verso sud ai 6/7 metri della zona aeroporto e via Bologna.
Il risultato è che la pressione idrostatica tra il centro città e il Parco Urbano arriva
ad essere superiore ad una atmosfera, che per vasi comunicanti e pressione di
falda, se non diversamente incanalata da sistemi fognari efficaci, porta ad
allagare il sottomura (già anticamente usato come valvola di sfogo delle acque
piovane) e quindi il confinante Parco Bassani.
E qui i ricordi confermano l’acqua nel sottomura, la ciclabile per Francolino
allagata, l’erba che si trasforma rapidamente in fango.
Il Parco Urbano è un luogo a rischio idraulico fortemente condizionato dal tempo
metereologico che ha assunto dimensioni e caratteri imprevedibili e le cui
eccezionalità stanno diventando norma.
Impressioni personali? Dettagli ininfluenti? La risposta la lascio ai tecnici, ma
credo che sia sotto gli occhi di tutti.
Voglio sottolineare però alcune cose:
I progetti vanno innanzitutto condivisi con la popolazione, il cui parere va sentito,
perchè la popolazione, come la toponomastica, sono la memoria storica dei
luoghi, memoria che travalica ogni sapere accademico per la capacità di ricordare
e confrontare il passato con il presente, di cogliere i mutamenti, di proporre
soluzioni o di bocciarle se inadatte.
Non si possono quindi prendere decisioni a tavolino senza conoscere la realtà
locale, senza averla vissuta personalmente, senza essere del posto e con il
consenso del posto, intendendo come tale anche la Natura stessa (in questo caso
il Parco).
Il 17 maggio 2025 si ricorda l’alluvione dell’Emilia Romagna.
Vorrei poter non ricordare il timer del poster, “i ragazzi del fango” a Faenza,
Cesena, Forlì, in tutti i centri e le campagne e le fabbriche e le aziende travolte
dall’acqua. E chi ha perso tutto, alcuni anche la vita.
Vorrei poter non ricordare “i ragazzi nel fango” al concerto del Boss, per come ci
ricordano sul Web e non solo.
Il 18 maggio 2025 sarebbe il caso di far partire il cronometro per dare avvio ad un
cambio di marcia verso la ricerca di soluzioni più idonee e posti migliori in cui
celebrare momenti di festa, ma anche per stimolare una conoscenza più intima,
meno periferica della Città, che porti a decisioni condivise. Il time out è lontano,
c’è tempo, ma il tempo fugge.


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