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Francesco Vigorelli
SVILUPPO ECONOMICO, LAVORO E QUALITA’ DELLA VITA
Un’economia a due velocità. Luci e Ombre sui primi dati 2024
I primi dati del 2024 in campo economico e occupazionale a Ferrara, delineano un quadro con luci ed ombre.
Il tasso di disoccupazione è in diminuzione dello 0,8% (1 semestre 2024) ma ancora superiore alla media regionale, con una elevata incidenza dei contratti a termine, part time e stagionali. E questo solleva interrogativi sulla reale qualità e stabilità dei posti di lavoro creati. In altri termini non è un indicatore del miglioramento del mercato del lavoro ed anzi evidenzia che persiste una elevata precarietà ed instabilità del lavoro.
Le proiezioni per il 2024 del Valore Aggiunto /approssimativamente il PIL/ provinciale sono di una crescita dello 0,8% (erano dello 1,2% a luglio 2024). Questa crescita è trainata principalmente dal settore dei servizi e delle costruzioni, mentre l’agricoltura e l’industria “in senso stretto” mostrano un calo.
L’andamento dell’export nel 2024 continua ad essere negativo con una flessione dello 1,8%, e Ferrara si conferma in ultima posizione in Emilia-Romagna per quota sull’export regionale (circa il 3%). Il saldo delle imprese registrate al 31/03/2025 è negativo dello 0,5%.
Il reddito disponibile lordo delle famiglie pro capite è pari a 22.250 euro, inferiore a quanto registrato per l’Emilia-Romagna (24.684 euro), al di sopra della media riferita all’Italia (21.089 euro).
Questi dati confermano, in generale, che Ferrara è tra le provincie (in questo caso così come per il valore aggiunto il dato è provinciale, che in genere rispecchia in percentuale il dato del capoluogo) con i peggiori indicatori economici in Regione.
Rilanciare lo sviluppo economico
Ferrara si caratterizza, in particolare, per la vocazione agricola del territorio e per la lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli, il polo chimico, la manifattura di eccellenza, la cultura ed il turismo, che sono i punti di forza su cui investire, e che potrebbero fare anche da traino per lo sviluppo di tutto il territorio.
Tuttavia per rilanciare lo sviluppo economico, favorire la nascita di nuove imprese e/o lo sviluppo di quelle già attive, e migliorare la situazione dell’occupazione – in particolare giovanile e femminile -, serve un approccio diverso ed integrato, che metta al centro l’ambiente, la demografia, l’economia, gli aspetti sociali e urbanistici, ecc..
La qualità della vita e del lavoro devono essere tra gli obiettivi di una Amministrazione. Le statistiche economiche, da sole, non sono in grado di misurare il benessere di un territorio, ed è quindi necessario abbandonare una visione puramente “economicistica”.
Il ruolo del Comune, seppure non comparabile a quello di Regioni e Ministeri, non è meno importante, le sue attività hanno delle implicazioni forti e dirette sul territorio.
E proprio qui emergono le perplessità, nell’operato della Giunta Fabbri ci sono state diverse scelte sbagliate, e temi fondamentali per lo sviluppo del territorio sono stati “dimenticati” o non affrontati con la dovuta attenzione.
Infrastrutture
Lo sviluppo delle infrastrutture è fondamentale per il rilancio economico e “l’attrattività” di un territorio.
Ferrara gode di una buona posizione geografica, beneficia della vicinanza con Bologna e di essere sulla direttrice ferroviaria e stradale Roma Trieste, ma è “decentrata” rispetto alla via Emilia, polo dello sviluppo regionale.
Purtroppo le scelte politiche miopi negli ultimi decenni hanno favorito lo sviluppo quasi esclusivamente del trasporto su gomma a discapito di altre modalità.
La lettura del programma delle infrastrutture viarie per la provincia di Ferrara presentato alla Consulta provinciale dell’economia e del lavoro, o il Libro Bianco sulle priorità infrastrutturali dell’Emilia Romagna, e in generale gli interventi sulla stampa di numerosi esponenti politici, dimostra che il paradigma prevalente resta quello della costruzione di nuove strade e autostrade, con interventi sul trasporto ferroviario che sono residuali.
E un approccio superato e dannoso, specie considerando i notevoli vantaggi economici e ambientali del trasporto su ferrovia Un treno merci può trasportare l’equivalente di 40/50 camion, con un risparmio significativo in termini di costo e di emissioni, nei numeri una modalità più veloce e meno costosa per spedire grosse quantità di merce su medie lunghe distanze, specie se inserita in un sistema intermodale integrato.
E’ urgente una riflessione sugli obiettivi e un deciso cambio di paradigma, indirizzando gli investimenti pubblici infrastrutturali verso il trasporto su rotaia – ferrovia e metropolitana di superficie, alta velocità e linee locali, centri intermodali e terminali -.
Per quanto di competenza del Comune ed in sinergia con gli altri Enti, è importante programmare:
– la realizzazione di una metropolitana di superficie che colleghi con treni ad alta frequenza Bologna, Modena e Ferrara, che sono al centro di un’area vasta e interessate da un elevato pendolarismo giornaliero, . come già indicato in un protocollo di intesa, purtroppo finito nel dimenticatoio, sottoscritto nel 2017 tra i presidenti delle 2 province di Ferrara e Modena ed il sindaco dell’area metropolitana di Bologna;
– il ripristino dei collegamenti ferroviari con gli altri comuni importanti della provincia, Cento Comacchio – fino ai Lidi – e Copparo, tratte che erano operative ma poi smantellate alla fine degli anni cinquanta;
– la realizzazione della Ferrara Mare ferroviaria ed il mantenimento della Ferrara mare come raccordo autostradale;
– lo sviluppo dei collegamenti ferroviari con Mantova, con il raddoppio dei binari e l’elettrificazione della linea – direttrice del Brennero -, per incrementare scambi economici e turistici;
– il completamento della Cispadana stradale come strada a scorrimento veloce (superstrada), e la realizzazione della Cispadana ferroviaria;
– il raddoppio e l’elettrificazione della linea Ferrara Ravenna – direttrice adriatica –, essenziale anche in prospettiva Zona Logistica Semplificata;
– il completamento della Statale 16 Adriatica da Argenta a Ravenna.
Ferrara sarebbe così al centro di una fitta rete di collegamenti ferroviari e stradali, e potrebbe diventare un importante nodo intermodale o terminal, anche in ottica ZLS e di integrazione con Bologna ed il porto di Ravenna, ma questo richiede una visione che sembra mancare.
Idrovia ferrarese
l progetto Idrovia ferrarese nasce per creare un unico canale navigabile e collegare il Po a Ferrara – dove si creerebbe un porto fluviale – con Porto Garibaldi – che diventerebbe un porto commerciale oltre che peschereccio -.
Lunga 70 km, l’idrovia nel tratto tra Ferrara e Migliarino coincide con il corso del Po di Volano, mentre poi il percorso è artificiale.
Si darebbe impulso al trasporto turistico e merci lungo l’intero sistema idroviario padano veneto, permettendo il transito di natanti di V classe (lunghezza max m. 95/110 m, larghezza m.11,40, pescaggio m. 2,50/2,80, fino a 2000 tonnellate di stazza).
Ma questo obiettivo è credibile, realizzabile?
Per consentire la navigazione di natanti di V classe europea servono ingenti investimenti per interventi di riqualificazione: per l’ampliamento del raggio delle curve, il dragaggio dei fondali, la sistemazione delle sponde e l’adeguamento dei ponti stradali che interferiscono con l’asta navigabile. Il finanziamento complessivo è salito così a circa 170/180 milioni.
Ora, dal punto di vista ambientale ed economico ci sono diverse perplessità sulla sostenibilità del progetto e sull’equilibrio costi/ricavi benefici.
L’instabilità climatica con le frequenti e ripetute crisi idriche che hanno limitato negli anni la portata di acqua del Po non sembrano garantire la navigabilità per navi di grandi dimensioni specie di classe V.
Sotto l’aspetto economico l’intero sistema idroviario padano-veneto, con i suoi 500 km circa non è paragonabile a quello di altre idrovie/fiumi – come ad esempio il Reno navigabile per oltre 1000 km, il Volga per circa 2000 km, il Danubio con circa 2800 km -, ed il ritorno finanziario degli investimenti (per attracchi, mezzi di carico scarico merci, tipologia di navi, ecc.) per gli operatori commerciali industriali sarebbe “incerto”.
Il progetto dell’idrovia, così come originariamente concepito, è ormai superato in termini di sostenibilità economica e ambientale. Dovrebbe essere “realisticamente” rivisto e ridimensionato per favorire lo sviluppo turistico fluviale ed il passaggio di piccole imbarcazioni per il trasporto merci locale.
Zona Logistica Semplificata ZLS
Sulla ZLS, la Regione ed altri Enti Pubblici compreso il Comune di Ferrara, e diverse forze politiche ed associazioni di categoria del territorio, stanno puntando in modo deciso.
Nel Ferrarese sono state inserite 5 aree produttive, Argenta Bondeno Codigoro Ferrara Ostellato, non sono previsti centri intermodali, mentre un ruolo dovrebbe averlo lo scalo ferroviario di Bondeno sulla direttrice “Cispadana”.
Il porto di Ravenna sarà il centro di questa ZLS, che dovrà essere collegata con tutte le sue aree produttive e le strutture logistiche.
Una scelta condivisibile ma che deve tenere conto che, almeno nell’attualità, il porto di Ravenna è il principale punto d’ingresso di materie prime per i distretti industriali della Pianura Padana, mentre per le esportazioni le imprese utilizzano in prevalenza i corridoi autostradali e ferroviari in direzione dei mercati di sbocco /vendita del nord Europa.
In questo contesto e con queste dinamiche dell’interscambio (import ed export), per rendere il Porto di Ravenna veramente centrale e hub logistico complessivo per l’interscambio, diventa indispensabile potenziare e completare i collegamenti ferroviari verso l’Europa. Le merci devono poter arrivare via nave a Ravenna ed essere caricate su treni che raggiungono direttamente i mercati finali del Nord Europa in modo competitivo
.
Ciò richiede investimenti, non solo nello scalo di Bondeno, ma in tutta la rete ferroviaria interna alla ZLS e in quella che la connette ai corridoi europei, e così sui Centri intermodali – “cerniere” che permettono di passare fluidamente da una modalità di trasporto all’altra.
Alle aziende che si insedieranno nella ZLS saranno concesse semplificazioni amministrative e contributi vari. Queste concessioni saranno sufficienti per l’insediamento e “attirare” nuove aziende nelle aree della futura ZLS, quando agevolazioni simili sono già presenti in altre Zone Economiche Speciali (ZES), altre ZLS, o in settori diversi?
Benché necessarie, le aziende non scelgono un luogo per un nuovo insediamento solo per gli incentivi, valutano un insieme complesso di fattori che vanno oltre le pure importanti concessioni fiscali o burocratiche.
Ricerca e sviluppo
La presenza dell’Università e l’attività della SIPRO, dovrebbero essere un volano per la ricerca e la nascita di start up innovative, rafforzando così il tessuto economico del territorio.
La SIPRO (società partecipata dai Comuni della provincia, dalla Provincia di Ferrara, Camera di Commercio e alcune banche, con il Comune di Ferrara come socio di maggioranza tramite Ferrara Tua) con i suoi incubatori, ha un ruolo importante, ma dovrebbe essere rilanciata, eliminando le duplicazioni con altri enti pubblici e focalizzarsi sui servizi legati alla ricerca e all’innovazione tecnologica, anziché alla promozione di eventi turistici, enogastronomici, ecc. ambiti in cui operano già altri soggetti pubblici.
Il Comune e la SIPRO dovrebbero incentivare e farsi promotori per lo sviluppo di “Poli produttivi” nel Ferrarese.
Tra questi i “Distretti”, che si caratterizzano per la concentrazione di piccole medie imprese (in alcuni casi anche grandi imprese) omogenee per attività in aree territorialmente definite, la forte specializzazione e la vocazione all’export; ma anche le Filiere produttive che rappresentano aggregazioni di imprese, università e centri di ricerca, in cui spesso i distretti tradizionali si riorganizzano o evolvono.
I dati mostrano che le aziende che fanno parte dei distretti – e in parte anche delle Filiere – in genere crescono economicamente più delle altre e si riprendono prima dalle crisi, grazie anche alla capacità di innovare il processo produttivo ed il prodotto adattandosi rapidamente alle nuove richieste dei mercati, oltre che per la presenza consolidata nei mercati esteri. Ma il vero fattore di forza secondo diversi economisti è la qualità del capitale umano. E’ proprio il capitale sociale che “…fa la vera differenza tra un distretto industriale e un semplice aggregato territoriale di imprese…e trasforma in produttività e competitività il di più di coesione sociale.”
Mentre la Regione Emilia Romagna si caratterizza per la presenza di numerosi ed importanti “distretti industriali” (e filiere), che rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo regionale – per citarne alcuni, il distretto delle macchine utensili a Piacenza, delle piastrelle a Sassuolo, dell’alimentare a Parma e Reggio Emilia, del tessile a Carpi, del biomedicale a Mirandola, della meccanica e delle macchine per l’imballaggio a Bologna, delle macchine per il legno a Rimini. ecc. – nel Ferrarese l’elevata incidenza delle aziende agricole – spesso di piccole dimensioni – e il limitato numero di PMI rispetto alle altre province della Regione ne ha limitato lo sviluppo.
Pur con caratteristiche diverse rispetto ai grandi poli distrettuali storici della Regione anche nel ferrarese ci sono comunque settori con caratteristiche distrettuali, poli di specializzazione, Filiere produttive con forti interconnessioni.
Dall’Agroalimentare in provincia, al Polo Chimico a Ferrara, alla Meccanica Strumentale Automazione, nell’Edilizia e nel Restauro conservativo.
Preso atto che la “tassazione di distretto” ed altre forme di incentivo fiscale non hanno avuto il successo sperato, per favorire lo sviluppo di questi “poli produttivi” serve un sistema pubblico che agevoli l’internazionalizzazione, la cooperazione tra imprese, attivi investimenti mirati nelle infrastrutture logistiche e digitali, con incentivi e contributi/credito di imposta a favore delle aziende di questi poli che investono in immobilizzazioni e in ricerca e formazione.
Demografia e politiche di accoglienza
La demografia pur avendo un impatto profondo e a lungo termine su quasi ogni aspetto dell’economia è spesso, erroneamente, sottovalutata e trascurata sia nell’analisi che nella pianificazione economica, è il caso di Ferrara.
Ferrara è una delle città meno “attrattive” dell’Emilia-Romagna, con la popolazione più anziana della Regione (età media vicina ai 50 anni e l’indice di vecchiaia più elevato). La popolazione in età lavorativa, dai 15 ai 64 anni, è in costante diminuzione – molto più accentuata rispetto al dato regionale -, i residenti nel 2024 erano circa 130.000 contro i 132.899 del 2020. Il saldo naturale (nascite – decessi) è negativo da anni.
C’è quindi la necessità di “attrarre” in città nuovi residenti, lavoratori e competenze. Questa crisi demografica è opportuno ricordare non ha un impatto negativo solo sul lavoro e sulle pensioni future ma effetti altrettanto negativi sull’intero tessuto cittadino già nel breve termine, ad esempio per la possibile diminuzione dei servizi per prestazioni sanitarie, asili nido, scuole, ecc., il calo delle vendite negli esercizi commerciali, nelle compravendite immobiliari, ecc.
Servono allora investimenti concreti nel capitale umano, nell’accoglienza e nel sociale. Servono politiche di incentivo e rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, il rifinanziamento del Fondo Affitti, la costruzione di nuovi Studentati, per aumentare l’offerta di immobili e di affitti a prezzi accessibili.
È inoltre necessario investire nell’assistenza e nell’istruzione, aumentando i posti nelle scuole materne e negli asili nido (mentre i fondi del PNRR a livello nazionale per questo obiettivo sono stati tagliati). L’immigrazione per il nostro territorio deve trasformarsi da “problema” a risorsa, come dimostrato in diversi Paesi del centro e nord Europa, dove milioni di immigrati lavorano, contribuiscono al welfare e alimentano i consumi.
Per altro si stima che in Italia nei prossimi 5 anni, sia nel settore pubblico che in quello privato, ci sarà bisogno di 3,5 / 4 milioni di lavoratori (per far fronte ai pensionamenti, le necessità del mercato del lavoro, ecc.)..
Lavoro, bassi salari e stipendi
Negli anni passati il sistema economico si è caratterizzato per un’elevata disoccupazione, specie tra i più giovani e le donne, ed una forte spinta delle imprese verso la “flessibilità e la mobilità”.
Oggi è l’offerta di lavoro ad essere limitata, in particolare di lavoratori giovani e con profili professionali specifici. Le politiche del passato – ma ritornate di attualità – per favorire le assunzioni sovente “defiscalizzavano il costo del lavoro” in modo non strutturale e incentivavano quindi la precarietà ed il lavoro “sottopagato” – contratti a termine, part time, stagionali, ecc., con bassi livelli di copertura sociale e di crescita professionale -, e si sono dimostrate inadeguate.
Aumentare le retribuzioni e stabilizzare i rapporti di lavoro è fondamentale per la qualità della vita dei lavoratori e la produttività delle imprese.
Il Comune, direttamente ed indirettamente tramite le sue società controllate, partecipate – e gli appalti –, è un importante datore di lavoro con un numero significativo di dipendenti e collaboratori, generando reddito e sostenendo il consumo locale.
Le scelte dell’Amministrazione Fabbri sul personale, con un forte ricorso alle esternalizzazioni e ai contratti a termine, rischiano di svuotare di conoscenze e competenze il personale del Comune, compromettendo la qualità dei servizi.
PNRR
Il PNRR avrebbe potuto essere un volano per lo sviluppo della città e invece scelte sbagliate, non ottimali ne hanno ridimensionato l’impatto.
Appare evidente, che diversi interventi sono inutili – vedi tra gli altri la demolizione e la ricostruzione della Scuola Elementare Manzoni con una spesa di circa 4,5 milioni di euro -, altri sovradimensionati e quindi troppo costosi rispetto alle esigenze del territorio – vedi tra tutti l’intervento sul Palazzone ed il magazzino di Marrara per una spesa di circa 4,1 milioni, o per i lavori all’Aeroporto San Luca con una spesa di poco inferiore ai 10 milioni -. Ci sono poi circa 20 milioni per il recupero di ex scuole, altri edifici abbandonati e chiusi da anni, per cui si legge genericamente che saranno destinati alle comunità ed a nuove funzioni, ma di cui mancano dettagli.
L’impressione generale è che manchi la conoscenza profonda del territorio e l’idea di fondo di cosa sia realmente necessario per il suo sviluppo, a partire – nei rispettivi ambiti di competenze tra Comune ed altri Enti – da interventi sulla mobilità, sulla formazione ed il lavoro, nuovi studentati pubblici, asili nido, il sociale e la salute.
C’era bisogno di scelte più “trasparenti e lungimiranti” da parte dell’Amministrazione comunale per cogliere appieno le opportunità offerte dal PNRR.
Anche perché dobbiamo ricordare, che da un lato non si è ancora capito quali sono i reali costi – per diversi interventi – a carico del Comune tra previsioni iniziali e variazioni di bilancio/costi in aumento, e dall’altro che una parte di questi fondi sono a “fondo perduto” (cioè non vanno restituiti) ma una parte, la più rilevante resta a carico degli Enti pubblici e del Paese.
Benessere Equo e Sostenibile.
L’interesse e l’attenzione per gli obiettivi dell’Agenda 2030 e del PNRR offre un’importante occasione per integrare il sistema della contabilità pubblica, prevedendo una rilevazione che vada anche oltre i tradizionali indicatori economici “quantitativi”, tra cui il più importante è il Prodotto Interno Lordo (P.I.L), utilizzando anche quelli “qualitativi” del Benessere Equo e Sostenibile (BES), indicatori che misurano il benessere e la ricchezza delle persone e di una comunità.
Il PIL, da solo non coglie la complessità del benessere di un territorio.
Ad esempio non tiene conto del livello di inquinamento e delle malattie provocate all’apparato respiratorio, dell’efficienza del sistema sanitario, della qualità delle abitazioni, del tasso di criminalità, ecc.; ci sono poi diversi paradossi, ad esempio l’autoproduzione non rientra nel PIL, l’assistenza ai familiari anziani in casa non rientra nel PIL ma in casa di riposo si, fino “all’assurdità” che le disgrazie tipo guerre o terremoti hanno un effetto positivo sul PIL per via degli investimenti necessari per la ricostruzione, e gli esempi potrebbero continuare.
Da anni ormai in diverse province, nell’attualità oltre una ventina tra cui Ferrara, e 8 città metropolitane, tra cui Bologna, viene redatto il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES), che attraverso l’analisi di circa 80 indicatori organizzati in 12 grandi dimensioni (domini) – salute, istruzione e formazione lavoro, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi – fornisce uno strumento informativo dettagliato del “benessere e della sostenibilità” di un territorio, utile per orientare correttamente e consapevolmente le scelte delle Amministrazioni pubbliche, dei politici ma anche di imprese, associazioni, cittadini, ecc..
Lo stesso Governo nella presentazione alle Camere del Documento di Finanza Pubblica allega il rapporto sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile.
Sarebbe auspicabile se anche a Ferrara, si replicasse l’esperienza di Bologna dove il Comune ha condiviso l’approccio partecipativo del BES e promosso incontri con i cittadini per stabilire cosa reputano importante per misurare la qualità della vita.
Complimenti per l’analisi esaustiva e stimolante!