Skip to main content

La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Michele Nani | 18 Mar 2024

Perché “la Comune”?

Il 18 marzo cade l’anniversario dell’insurrezione popolare che a Parigi nel 1871 portò alla costituzione della cosiddetta Commune. La ricorrenza venne a lungo celebrata dal movimento operaio e socialista in tutta Europa, poi nel corso del Novecento l’attenzione è calata, anche perché concentrata su altri anniversari, internazionali, come il 7 novembre della rivoluzione russa (“d’ottobre” solo secondo il vecchio calendario in uso nelle terre dello Zar), o nazionali come il 25 aprile della Liberazione dell’Italia dal fascismo (a Ferrara il 23). 

Riprendere oggi quel riferimento significa ribadire l’attualità degli ideali e delle pratiche dei comunardi: la democrazia diretta come autogoverno della gente comune; la garanzia delle libertà individuali; il potere di decidere cosa produrre e come farlo, con limiti all’orario di lavoro e la fissazione di un salario minimo; la scuola laica e gratuita, così come come musei e teatri; il diritto alla casa; l’assistenza ai settori più fragili della popolazione; l’accoglienza e la cittadinanza agli esuli; l’esercito come difesa popolare e la sicurezza come controllo collettivo e non come istituzioni separate e repressive. 

Resta emblematico che parte dei provvedimenti della Comune prevedessero la parificazione fra uomini e donne, anche grazie al grande attivismo delle comunarde. L’immagine denigratoria delle “petroliere” (petroleuses), accusate senza alcun fondamento di aver incendiato palazzi che in realtà erano andati distrutti o danneggiati per via dei feroci scontri finali strada per strada fra milizie comunarde ed esercito regolare, rifletteva lo scandalo e l’angoscia delle classi dirigenti (al tempo esclusivamente maschili) dinanzi all’attivismo delle donne parigine, sovvertitore dei ruoli tradizionalmente subalterni, che trovò sintesi esemplare nella figura della maestra anarchica Louise Michel, che come tante altre combatté in armi sulle barricate parigine.  

Appare inoltre incredibile che tutte le misure riformatrici siano state prese in meno di due mesi di attività legislativa in una città isolata e affamata, reduce da una guerra (lo scontro franco-prussiano che portò alla caduta del regime di Napoleone III e all’unificazione tedesca) e assediata dall’esercito francese della neonata Terza Repubblica. 

Comune è un nome impegnativo, sembra risuonare con “comunismo” che allora era una parola ancora giovane e sovente intercambiabile con quelle che alludevano ad altre utopie. Dopotutto il Manifesto di Marx ed Engels aveva poco più di vent’anni (1848) e “comunisti” erano detti non solo i rivoluzionari, ma soprattutto gli usufruttuari dei beni comuni allora diffusissimi, come pascoli, boschi e, dalle nostre parti, valli da pesca e da canna: pochi anni dopo la rivoluzione parigina, molti dei “comunisti” di Massafiscaglia vennero dispersi dalla cavalleria regia mentre cercavano di impedire la bonifica dell’appena privatizzata Valle Volta, operazione che avrebbe tolto loro risorse essenziali per la sopravvivenza quotidiana. A caldo Marx avrebbe celebrato la Comune come governo dei lavoratori, stendendo una dichiarazione della Prima Internazionale, e quel governo prese effettivamente misure che all’epoca erano caldeggiate da qualcuna delle diverse forme di socialismo che animavano il movimento operaio francese. Tuttavia “la commune de Paris” altro non è che “il comune di Parigi”, espressione che rimandava alla memoria della Rivoluzione francese del 1789 più che ad un “comunismo” ancora in via di definizione. La variante femminile del nome dell’amministrazione municipale è dunque un francesismo, che ebbe corso anche in Italia dal triennio rivoluzionario (1796-99) e dalla successiva età napoleonica fino all’Unità e che ha resistito fino a pochi decenni fa nei dialetti della Bassa ferrarese (“la cumuna”). Col tempo, tuttavia, “la” comune al femminile è diventata un simbolo ben più potente della mera articolazione amministrativa a cui ancor oggi facciamo riferimento, ad esempio in queste elezioni per il rinnovo dei consiglieri del comune (al maschile) di Ferrara. 

Durò poco quella Comune, poco più di due mesi: il 21 maggio il potere popolare cadde e l’esercito rientrato nella capitale francese operò un crudele massacro, uccidendo circa 20.000 persone e facendo oltre 40.000 prigionieri, 13.000 dei quali poi trattenuti in carcere o deportati nelle colonie, fino all’amnistia del 1880 – le vittime sono state riabilitate dalla Repubblica francese solo nel 2016. Il bagno di sangue, tuttora ricordato al “muro dei federati” del cimitero parigino del Père-Lachaise, ispirò a un comunardo sopravvissuto, Eugène Pottier, i versi dell’Internazionale, più tardi musicati e destinati a divenire l’inno mondiale del movimento operaio. Uno dei più grandi poeti e intellettuali del nostro Novecento, Franco Fortini, ne riscrisse più volte il testo italiano e in una delle versioni riemerse il riferimento: “Al profitto e al suo volere / tutto l’uomo si tradì, / ma la Comune avrà il potere. / Dov’era il no faremo il sì” (1971). 

Nel giro di qualche decennio i provvedimenti dei comunardi e delle comunarde, bollati come estremi e innaturali da benpensanti e conservatori di tutta Europa, ma anche da molti liberali e da qualche democratico (come il nostro Mazzini, a differenza di Garibaldi), sarebbero diventati punti dei programmi ordinari delle sinistre di allora: e nel secondo Novecento sarebbero state condivise da tutte le forze democratiche. C’è da sperare che richieda ancor meno tempo l’adozione delle semplici proposte di “democrazia concreta” della Comune di Ferrara: per una città inclusiva e sicura, democratica e partecipata, aperta ad arte e cultura, attenta al lavoro e soprattutto tesa a combattere le diseguaglianze sociali e la catastrofe ambientale, ridando voce e spazi a chi ne viene quotidianamente espropriato, in primo luogo alle donne.

 

Per saperne di più

https://www.lacomunediparigi.it/

Marcello Musto, L’alternativa possibile della Comune di Parigi, 18 marzo 2021, https://jacobinitalia.it/lalternativa-possibile-della-comune-di-parigi/

Mariuccia Salvati, La Comune di Parigi, Roma, Edizioni dell’Asino 2021

La Commune (Paris, 1871), Peter Watkins, 2000 (film)