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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

23 Luglio 2025

Piante nei centri storici, il rischio di un grottesco greenwashing

Romeo Farinella

A Bologna si discute a proposito dei vasi in Piazza Maggiore: servono davvero al clima o forse sono più utili all’economia?

BOLOGNA. In un tempo “impolitico” come questo, con un pianeta troppo complicato da tenere sotto controllo, il ricorso a termini seducenti aiuta la diffusione di narrazioni che svuotano di significato parole chiave che presupporrebbero precise scelte di campo. 

“Piantar alberi”, una retorica urbana contemporanea

La retorica del verde si colloca in questa prospettiva. Milano in questi anni ha cercato di tenere il passo con le altre metropoli, favorendo una politica tutta rivolta alla rendita urbana e al rafforzamento del settore immobiliare, come testimoniano le vicende di questi ultimi giorni. Ma per trasmettere l’idea vincente di una metropoli in trasformazione, eco-tecnologica e competitiva si è ricorso a una seducente retorica della forestazione urbana e del rimboschimento verticale e orizzontale. La grande stampa ha alimentato acriticamente per anni queste visioni green ma Milano è una delle città meno vegetali d’Europa, lontanissima da una Oslo coperta per il 72% di aree verdi ma anche da altre città più vicine a noi. 

Sulla stampa si leggono continuamente affermazioni di esperti che ritengono che il “piantar alberi” sia la strada più immediata per affrontare i problemi generati dai cambiamenti climatici. In realtà, non si capisce come possa avvenire in questo quadro di immobilità e incapacità di governare le trasformazioni strutturali delle nostre città, dove anche la normale manutenzione dei marciapiedi viene continuamente procrastinata. Inoltre, sembra che il cambiamento climatico sia un fenomeno ineluttabile, certo generato dall’uomo senza, però, che vi siano delle responsabilità precise. Non si possono cambiare le regole dello sviluppo economico che l’Occidente ha imposto al mondo; quindi dobbiamo usare dei palliativi resilienti come il “piantar alberi”. 

Effetto gentrification

Nessuno mette in discussione l’importanza degli alberi e il loro rafforzamento dentro le città, ma la forza mediatica del “piantar alberi” rischia di generare gigantesche operazioni di greenwashing e di forestazione immobiliare. La sua forza comunicativa è immediatamente colta, a destra e a sinistra, da amministratori di comuni e di società immobiliari, che se da un lato annunciano gigantesche operazioni di piantumazione urbana, dall’altro rilanciano speculazioni immobiliari dove troviamo alberi anche su tetti e terrazze. Non si incide (e non si investe) quindi sui meccanismi di funzionamento delle nostre città e sulla loro “decarbonizzazione” ma si propongono cosmesi vegetali che spesso portano a chiamare giardino il tetto di un nuovo ipermercato. 

Stefano Mancuso in “Fitopolis” afferma che le città del futuro, siano esse costruite ex novo o rinnovate, devono trasformarsi in luoghi che ridefiniscano il “rapporto armonico” che troviamo in natura. Ma le città “mal costruite dall’uomo”, prevaricanti nei confronti degli alberi e della natura, non sono nate per caso, sono l’esito di processi culturali e politici intensificatisi con l’avvio della rivoluzione industriale e questo non viene detto.

Vi sono delle responsabilità che non sono genericamente umane, ma sono associabili alle specifiche forme di razionalità del pensiero occidentale che associamo al capitalismo industriale e al “finanzcapitalismo” di cui ci ha parlato Luciano Gallino. Quando si risana un quartiere popolare, anche attraverso il verde, i valori immobiliari cambiano e si determinano dei processi di espulsione della popolazione meno abbiente verso le parti più esterne e povere, quindi servono delle politiche pubbliche compensative. 

Provocazioni e mediatizzazioni

Vi è poi il problema del “piantar alberi” nelle città storiche. Qui le proposte possono diventare grottesche come a Bologna, dove si sono collocati dei vasi con alberelli nelle piazze storiche, investendo denaro pubblico. A questo riguardo, il sindaco Matteo Lepore fa un’affermazione importante e impegnativa quando dichiara che l’amministrazione affronterà il tema del contenimento del riscaldamento attraverso le piantumazioni e, nella situazione italiana, Bologna è ben posizionata con il piano del verde e un dibattito in città ricco di stimoli; inoltre si stanno facendo importanti investimenti sulla mobilità pubblica, quindi perché cedere alla mediatizzazione mettendo alberelli nei vasi nelle piazze centrali, il cui effetto in termini climatici è discutibile? La suggestione dei vasi con alberi nelle piazze del centro di Bologna era già stata proposta da Mancuso, ma meglio considerarla come una provocazione che non un’azione concreta di governo. 

Il tema del verde nel centro storico in Italia non può essere banalizzato, in particolare quando parliamo di città e piazze barocche, rinascimentali o medioevali. Nella nostra tradizione sono spazi minerali, spesso opere d’arte complesse dove l’invaso della piazza mette in relazione architetture storiche anche molto diverse. Mettere alberi in Piazza Maggiore in fondo sarebbe come mettere i baffi alla Gioconda, ma quella di Duchamp era una provocazione, nel nostro caso stiamo parlando di un problema concreto. Un centro storico è però molto di più di un insieme di piazze storiche. Forse è negli spazi dissonanti che si possono trovare modalità di “forestazione” dei centri storici. 

La città, ce lo ricorda Robert Musil, è costituita da “irregolarità” e “intermittenze” e lo è anche il suo centro storico. Ferrara, che ha un centro storico molto grande che ancora contiene campagna, nelle parti più dense ha sagrati e piazzette diventate parcheggi che potrebbero diventare giardini ricchi di alberi e arbusti, molti suoi viali potrebbero essere alberati se si riorganizzasse la mobilità di un centro storico dove prevale la logica del “liberi tutti”, creando ZTL e riducendo i parcheggi. Come in tutti i tessuti storici ci sono “intermittenze spaziali”, nei punti di contatto tra i diversi quartieri storici, qui si potrebbero avviare delle operazioni di “forestazione”. L’altra azione importante è la messa in rete, la creazione di una trama che consenta di muoversi in città dentro spazi ombreggiati. Infine, una città “forestata” va gestita, e mantenuta con il lavoro di esperti in silvicoltura, giardinaggio, disegno del paesaggio e non va sottovalutata la difficoltà delle nostre amministrazioni nell’esercitare la “cura” del “verde” e dello spazio pubblico.