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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Autore: Rodolfo Baraldini

IL TIMER

Il timer è un apparecchio meccanico o elettronico che esegue un conto alla
rovescia per un tempo determinato, raggiunto il quale solitamente emette un
segnale, un allarme, per avvisare che qualcosa, automaticamente o meno, deve
succedere: lo spegnimento di un forno, la cottura della pasta raggiunta, la
partenza di un razzo, un evento bomba, lo scoppio di una bomba.
L’opposto del cronometro, il quale mostra un tempo progressivamente crescente e
in teoria senza limiti che, se impostati, determinano il cosiddetto “fuori tempo
massimo”. Time out.

Il timer più grande che io abbia mai visto è stato installato a Ferrara: un tabellone
elettronico, collocato in via Modena all’incrocio con viale Po, che ha iniziato a
mostrare il “conto alla rovescia” all’evento epocale più atteso in Città: il concerto di
Bruce Springsteen e la sua band.
Poco dopo il suo avvio, il 9 settembre 2022, mostrava in una foto 250 giorni, 4 ore,
40 minuti e 33 secondi.
Avrebbe raggiunto lo zero di tutti i valori il 18 maggio dell’anno successivo.
Ma il suo trascorrere del tempo avrebbe visto, proprio il giorno prima del suo
azzeramento, una delle pagine più tristi della nostra Regione: la grande alluvione
del 17 maggio 2023, preceduta da quella del 3 maggio.
Ricordo piogge intense che hanno insistito anche su tutta la Città di Ferrara a
partire da aprile; ricordo il Parco Urbano Giorgio Bassani, luogo deputato ad
accogliere il concerto, sempre intriso d’acqua e i tecnici addetti costretti a lavorare
in situazioni climatiche non proprio balneari, anzi, molto balneari, tra pioggia che
cadeva e acqua accumulata per terra: montate le strutture del palco, un tecnico,
arrampicato ad una ventina di metri dal suolo, frustato dalla pioggia, cercava di
prendere al volo una gigantesca linea di array (diffusori sonori) che, ondeggiante
sotto la forte bora, non ne voleva sapere di farsi mettere in posizione.
Ricordo che l’11 maggio, a soli 7 giorni dal concerto, il sottomura che costeggia via
Bacchelli e fino a sfiorare la Porta degli Angeli si presentava come un’unica
piscina e per Francolino la ciclabile interamente sommersa di acqua a filo dei
campi.
Quello che successe il 17 maggio segnò, e segna ancora, il cuore di tutti:
l’Appennino da Bologna a Cesena a Rimini si mosse ruscellando frane e fango nei
torrenti, che lo riversarono nei fiumi, che ruppero gli argini aprendogli la strada fino
alle porte di Ravenna, travolgendo cose, vite, speranze e futuro.
Ferrara fu salva grazie al Reno, che a gamba tesa deviò la rovina verso est.
Stavamo a guardare, mentre il timer, spariti i giorni, mostrava solo ore.
In un certo senso ci si poteva girare con le spalle verso nord, per godersi il
concerto del Boss.

Ma non fu cosi semplice. Il giorno del concerto, il 18, ad un’ora di distanza e a un
giorno di distanza dalla tragedia, quello che la natura dà, prima o poi riprende e
presentò il conto trasformando rapidamente sotto i piedi degli spettatori il soffice
manto erboso del Bassani in fango.
Nonostante il tentativo di ridurre i disagi spargendo paglia trasportata all’ultimo
momento con lunghi autocarri, il fango non mollava. Una squadra di pompieri fu
chiamata per drenare il prato con potenti idrovore, ma era come raccogliere
l’acqua che entra dalla porta per buttarla dalla finestra: si ripresenta alla porta e
rientra senza bussare.

Le motopompe della protezione Civile per drenare l’acqua dal terreno del concerto

I ricordi per il momento si fermano qui. Comincia l’analisi.
Il Parco Bassani insiste in un quadrilatero compreso tra via della Canapa a ovest,
il fiume Po da Pontelagoscuro a Francolino (via Lavezzola) a nord, Malborghetto a
est, via Bacchelli e il sottomura a sud.
Tutte queste terre oggi emerse ma una volta paludose sono caratterizzate da
terreno morbido e comprimibile, facilmente impregnabile. La pioggia qui, quando
lo bagna, lo tiene umido per giorni. Lo so: ci vivo accanto. E quasi tutte le mattine
al sorgere del sole e dopo la pioggia si alza la nebbiolina dell’umidità che
confonde tutto e lo dipinge come un quadro. La si vede se ci sei, non se sei in
ufficio a guardarne la planimetria e pensi di conoscerlo perché ci hai fatto due
passi. La sua fragilità la dimostra tutta osservando le sue nuove strade, bianche e
allargate per sostenere il traffico dei futuri eventi, che già presentano gli
avvallamenti paralleli creati dalle ruote dei pochi mezzi che qui transitano: qualche
volante, i mezzi di manutenzione e sfalcio erba, qualche modellista che va al
laghetto per far navigare la sua barchetta.
Voglio vedere, o meglio, non voglio vedere quando passeranno i mezzi che
trasporteranno le impalcature per i nuovi spettacoli…
Della loro natura i toponimi parlano chiaro:
– via della Canapa: era probabilmente una via d’acqua attraverso la quale arrivava
da Cento e partiva verso il Po la canapa. Altra ipotesi che qui si coltivasse la
canapa. In ogni caso questa zona era paludosa.
– Pontelagoscuro: racconta di un ponte in legno posto in opera per attraversare un
lago dal colore scuro, perché limaccioso, probabilmente nato dall’allargarsi di
un’ansa del Po e poi resasi indipendente in forma per l’appunto, di lago.
Nei pressi si trovava subito dietro alla chiesa un palazzo edificato nel 1500
chiamato Palazzo dell’Isola: forse collocato proprio su una piccola isola emergente
da quel lago.
– Malborghetto: un piccolo borgo di poche case chiamato in quel modo perchè
difficile da raggiungere. Evidentemente per “isolamento” causato dalle paludi
limitrofe.
I rilievi topografici di questo quadrilatero mostrano che il Parco Bassani si colloca
a circa 2 metri sul livello del medio mare, mentre tutta la Città di Ferrara mostra un
livello sul medio mare che dal sottomura di via Bacchelli sale progressivamente

per raggiungere e superare i 12 metri nella zona del centro storico, per poi
declinare verso sud ai 6/7 metri della zona aeroporto e via Bologna.
Il risultato è che la pressione idrostatica tra il centro città e il Parco Urbano arriva
ad essere superiore ad una atmosfera, che per vasi comunicanti e pressione di
falda, se non diversamente incanalata da sistemi fognari efficaci, porta ad
allagare il sottomura (già anticamente usato come valvola di sfogo delle acque
piovane) e quindi il confinante Parco Bassani.
E qui i ricordi confermano l’acqua nel sottomura, la ciclabile per Francolino
allagata, l’erba che si trasforma rapidamente in fango.
Il Parco Urbano è un luogo a rischio idraulico fortemente condizionato dal tempo
metereologico che ha assunto dimensioni e caratteri imprevedibili e le cui
eccezionalità stanno diventando norma.
Impressioni personali? Dettagli ininfluenti? La risposta la lascio ai tecnici, ma
credo che sia sotto gli occhi di tutti.
Voglio sottolineare però alcune cose:
I progetti vanno innanzitutto condivisi con la popolazione, il cui parere va sentito,
perchè la popolazione, come la toponomastica, sono la memoria storica dei
luoghi, memoria che travalica ogni sapere accademico per la capacità di ricordare
e confrontare il passato con il presente, di cogliere i mutamenti, di proporre
soluzioni o di bocciarle se inadatte.
Non si possono quindi prendere decisioni a tavolino senza conoscere la realtà
locale, senza averla vissuta personalmente, senza essere del posto e con il
consenso del posto, intendendo come tale anche la Natura stessa (in questo caso
il Parco).
Il 17 maggio 2025 si ricorda l’alluvione dell’Emilia Romagna.
Vorrei poter non ricordare il timer del poster, “i ragazzi del fango” a Faenza,
Cesena, Forlì, in tutti i centri e le campagne e le fabbriche e le aziende travolte
dall’acqua. E chi ha perso tutto, alcuni anche la vita.
Vorrei poter non ricordare “i ragazzi nel fango” al concerto del Boss, per come ci
ricordano sul Web e non solo.
Il 18 maggio 2025 sarebbe il caso di far partire il cronometro per dare avvio ad un
cambio di marcia verso la ricerca di soluzioni più idonee e posti migliori in cui
celebrare momenti di festa, ma anche per stimolare una conoscenza più intima,
meno periferica della Città, che porti a decisioni condivise. Il time out è lontano,
c’è tempo, ma il tempo fugge.

Mozione sul monitoraggio dei PFAS nell’acqua potabile dell’acquedotto comunale e per una legge che vieti in Italia la produzione di questi inquinanti eterni.

Premesso che

 

  • i PFAS sono un ampio gruppo di oltre 10 mila molecole di sintesi, non presenti in natura e prodotte solo dalle attività umane, utilizzate in numerosi processi industriali e per la realizzazione di diversi prodotti di uso comune. Sono definiti “inquinanti eterni” per la loro stabilità chimica impossibile da degradare nell’ambiente. Hanno effetti nocivi sul fegato, la tiroide, provocano obesità, infertilità e cancro;
  • in Italia l’attuale normativa sulle acque potabili (D.lgs. 23 febbraio 2023, n. 18) è stata recentemente modificata – anche sulla spinta della società civile – con il decreto legislativo 260 del 2025, approvato in via preliminare dal Governo e ora in attesa del parere delle Camere, che introduce immediatamente un limite di 20 ng/l (nanogrammi per litro) per la somma di 4 PFAS;
  • che questo valore in Danimarca è stato fissato a 2 ng/l, in Svezia e nella regione belga delle Fiandre il valore raccomandato è di 4 ng/l e negli Stati Uniti è stata fissata a 4 ng/l per PFOA e PFOS;
  • nel 2020 l’Agenzia Europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha stabilito una soglia massima di assunzione settimanale per la somma di quattro molecole (PFOA, PFOS, PFNA e PFHxS) pari a 4,4 nanogrammi per chilo di peso corporeo. Partendo da tale riferimento a un bambino dal peso di 10 kg basterebbe bere 4,5 litri di acqua contaminata con 10 nanogrammi di PFOA (PFOS, PFNA o PFHxS) a settimana per ingerire una quantità ritenuta non sicura per la salute;
  • che fino a pochi anni fa si era ritenuto che i PFAS fossero presenti nell’acqua potabile solo in alcune zone del Paese, in particolare nel Veneto e in Provincia di Alessandria, intorno al polo chimico di Spinetta Marengo.

Appreso che

 

  • il rapporto di Greenpeace Italia del 22 gennaio 2025 intitolato ”Acque senza Veleni”2  ha evidenziato, con dati indipendenti, la diffusa presenza di questi pericolosi inquinanti nell’acqua potabile di numerosi comuni italiani;
  • il Consiglio regionale del Veneto, con la risoluzione n. 79 del 12 marzo 2024 si è espresso all’unanimità per l’urgente messa al bando dei Pfas1.

 

Evidenziato che

 

  • l’acido trifluoroacetico TFA è un PFAS a catena ultra-corta, una molecola idrofila, mobile e persistente che entra nel ciclo dell’acqua principalmente attraverso la degradazione di varie sostanze fluorurate e da fonti di contaminazione diffuse; il TFA presente nelle fonti di acque non trattate può avere svariate origini, tra cui pesticidi, refrigeranti, trattamento delle acque reflue e inquinamento industriale; a causa della definizione data dalla direttiva europea, i PFAS a catena ultra-corta con 2 o 3 atomi di carbonio sono esclusi dalla «somma di PFAS», in particolare l’acido trifluoroacetico TFA; esistono già metodiche per l’analisi di PFAS a catena ultra-corta.

 

Ritenuto che

 

  • la conoscenza puntuale e dettagliata dello stato di contaminazione dell’acqua potabile sia elemento imprescindibile al fine di sviluppare le necessarie azioni a tutela della salute pubblica essendo il Sindaco ed il Consiglio Comunale responsabili su tale materia;
  • il rispetto dei limiti previsti, viste le caratteristiche degli inquinanti considerati, pur essendo un primo importante passo, di per sé non annulla i rischi potenziali per la salute umana.

 

Tenuto conto che

 

  • a Ferrara già da alcuni anni il Gestore del Servizio Idrico Integrato (Hera Spa), sulla base di un Piano di controllo dedicato, esegue monitoraggi per la ricerca dei Pfas: dal 2020 al 2024, sono stati eseguiti circa 600 controlli tra acque destinate alla potabilizzazione e acque potabilizzate distribuite nei territori serviti. Sulla base dei risultati ottenuti, il valore di Pfas prescritto per le acque destinate al consumo umano non è mai stato superato e si attesta ampiamente sotto i limiti di legge;
  • il Gestore è impegnato nella progettazione di tecnologie all’avanguardia per il presidio e l’eventuale rimozione dei Pfas con una convenzione tra Hera e Cnr per l’utilizzo del grafene nella rimozione dei Pfas e delle miscele con altri inquinanti emergenti (pesticidi, farmaci, ecc.). I risultati ottenuti in laboratorio grazie a questa collaborazione hanno favorito la realizzazione nel 2024 di un impianto pilota installato presso il potabilizzatore di Pontelagoscuro a Ferrara; 
  • l’AUSL, in accordo con la Regione Emilia-Romagna, già a partire dal secondo semestre 2021, ha deciso di procedere a un primo programma di monitoraggio, effettuando alcuni campionamenti nell’acqua di rete e sono stati acquisiti anche i dati sui controlli eseguiti da Arpae nelle reti di monitoraggio ambientali per i soli corpi idrici che hanno anche la destinazione a uso potabile. In tutti gli 84 campioni prelevati dalle Ausl, e i campioni analizzata dal laboratorio Arpae di Ferrara, hanno evidenziato valori inferiori ai limiti stabiliti dall’attuale decreto legislativo numero 18 del 2023.

 

Auspica che

 

  • Il Parlamento emani al più presto una legge che proibisca la produzione e il consumo dei PFAS, fissando per le industrie un valore limite allo scarico di queste sostanze in ogni matrice (acqua, aria, suoli), oltre a limiti restrittivi nei depuratori civili e industriali e nei fanghi di depurazione e che supporti i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno dei PFAS.

Impegna il Sindaco e la Giunta comunale a:

 

  • richiedere al Gestore Hera Spa: 

 

  • di sviluppare ulteriormente il monitoraggio e la quantificazione della somma di PFAS nell’acqua destinata al consumo umano nel nostro Comune, anche nei termini delle modifiche che saranno introdotte al D.lgs. 23 febbraio 2023, n. 18 e in recepimento della direttiva europea 2184/20203;
  • procedere, in collaborazione con il gestore, all’analisi puntuale a campione dell’acqua potabile, o dell’acqua in bottiglia, erogata nelle scuole pubbliche presenti nel Comune;
  • rendere pubbliche integralmente le risultanze provenienti da Hera Spa – ed eventualmente da indagini effettuate in autonomia dal Comune stesso – circa la quantificazione della presenza delle singole sostanze PFAS, e comunque della qualità dell’acqua dell’acquedotto pubblico, e di farne capillare pubblicità, attraverso tutti i canali istituzionali, al fine di aumentare la consapevolezza della popolazione circa la qualità dell’acqua consumata;
  • richiedere alla Regione Emilia Romagna di implementare il piano di monitoraggio capillare su tutto il territorio regionale al fine di accertare il reale stato di contaminazione delle acque destinate al consumo umano;
  • richiedere alla Regione Emilia Romagna di farsi promotrice della sperimentazione che ha per oggetto il monitoraggio diffuso dell’acido trifluoroacetico TFA, al fine di conoscerne la diffusione e l’accumulo nel tempo, verificando al contempo l’efficacia dei sistemi di trattamento delle acque rispetto a questi inquinanti;
  • Sollecitare Governo e Parlamento, anche tramite l’invio di questa mozione, all’introduzione del divieto di produzione in Italia di questi inquinanti “eterni”.

La Comune di Ferrara sostiene l’associazione “Cittadini del mondo” e partecipa all’Assemblea del 7 maggio

La Comune di Ferrara sostiene l’associazione “Cittadini del mondo” e partecipa all’Assemblea del 7 maggio

Un ponte di valori speciale unisce Ferrara a molti luoghi della Terra. Già dal 1993, la città è diventata più internazionale e colorata: “United colors of Ferrara”. Questo ponte lo ha costruito “Cittadini del Mondo”, un’associazione composta da persone di varie nazionalità, nata con lo scopo di contrastare qualsiasi fenomeno di discriminazione ed esclusione sociale, di promuovere la conoscenza e l’incontro tra persone, popoli e culture diverse, di favorire l’inclusione delle persone migranti nel tessuto sociale italiano e forme di cittadinanza attiva sul territorio.

I processi migratori interessano ormai tutti i continenti e sono una caratteristica strutturale dell’economia mondiale. Tuttavia, non tutti i migranti si mettono in viaggio (anche dall’Europa, dall’Italia, da Ferrara) volontariamente; molti di loro non hanno vite né destini facili. Noi italiani dovremmo saperne qualcosa, di quanto sia dura arrivare in un paese straniero.

In oltre trent’anni di attività, “Cittadini del mondo” ha dato vita a eventi politici, culturali, sociali e assistenziali allo scopo di promuovere il dialogo e l’arricchimento tra diverse culture e ha creato condizioni grazie alle quali centinaia e centinaia di persone migranti giunte a Ferrara, come da molti contesti viene invocato a gran voce, sono diventate consapevoli dei propri diritti e doveri di cittadinanza. Ricordiamo che senza le cittadine e i cittadini migranti, persone che da decenni contribuiscono in modo significativo a contrastare il calo demografico e la crisi economica, la nostra società italiana sarebbe ancora più fragile.

L’Associazione ha promosso e promuove iniziative pubbliche per il miglioramento delle loro condizioni nel nostro paese, contro le discriminazioni e qualsiasi forma di razzismo. Ha organizzato e organizza in maniera continuativa corsi di lingua italiana, perché, la comprensione dell’italiano, è fondamentale per essere autonomi ed orientarsi con padronanza e competenza. Ha promosso dibattiti su regolarizzazioni, asilo politico, problemi della casa, permesso di soggiorno, lavoro, inserimento scolastico, ricongiungimento, condizione degli stranieri, nuove leggi sull’immigrazione.

Nelle ultime settimane, dopo la notizia dello sfratto dalla storica sede di via Kennedy, comunicato con soli due mesi di anticipo tramite PEC, nonostante l’associazione avesse richiesto il rinnovo da due anni con atti protocollati, i giornali hanno dedicato particolare attenzione a “Cittadini del mondo”. 

Ci conforta la dichiarazione dell’assessora Coletti, e sosteniamo il suo impegno a valutare una proroga dell’utilizzo della sede e a cercare una soluzione che non penalizzi l’associazione (come per esempio allontanarla dal centro della città). Ricordiamo le parole di una sua intervista, rilasciata il 14 giugno 2024 dopo la conferma del suo mandato: “apertura, ascolto e vicinanza alle esigenze della popolazione”, termine, quest’ultimo, che include anche i “non” ferraresi.

Ferrara, secondo la visione de La Comune, dovrebbe diventare una città sempre più inclusiva, giusta, solidale e sicura, come affermiamo nel punto 1 del nostro programma elettorale: “Una Ferrara a misura delle persone che la abitano e che la attraversano, che non teme le differenze e promuove la giustizia sociale favorendo il rispetto e il pieno sviluppo di ciascun cittadino/a. Che si impegna a contrastare ogni forma di molestia e discriminazione basate su genere, disabilità, nazionalità, confessione religiosa, orientamento sessuale, identità di genere, età”.

Alla luce di questa visione, non possiamo che sostenere con forza la richiesta avanzata da Cittadini del mondo all’Amministrazione di mantenere una sede in centro, in comodato d’uso gratuito. Crediamo che l’azione dell’associazione di favorire l’inclusione sia dei “nuovi ferraresi” sia dei “ferraresi dal primo giorno” esprima un chiaro interesse generale, rafforzato dal carattere totalmente volontario delle attività svolte e dalla gratuità dei servizi offerti.  Un volontariato di questo tipo, infatti, svolge una insostituibile funzione di advocacy, permettendo di raggiungere target e aree che spesso sono più difficili da coprire con le risorse pubbliche, offrendo servizi di prossimità, promuovendo coesione sociale e rafforzando il senso di comunità. 
Per tali motivi, saremo presenti all’Assemblea di mercoledì 7 maggio alle ore 18.00 presso la sede di Cittadini del mondo in Piazzale Kennedy n. 24. Occasione per noi, per testimoniare la nostra solidarietà anche alle altre realtà del volontariato locale a cui non è stato rinnovata la possibilità di avere una sede in cui svolgere le proprie attività o a cui è stata proposta una sede non idonea: Centro di Promozione Sociale La Resistenza, Centro Servizi per il Volontariato Terre Estensi e Arci Bolognesi.
Ci appelliamo allo Statuto con il quale il Comune di Ferrara si impegna a favorire libere forme di aggregazione sociale, a sostenere l’associazionismo in ogni sua forma promuovendone le iniziative, a riconoscere e valorizzare la funzione del volontariato come espressione di solidarietà e pluralismo e a incentivare i loro progetti perché la loro azione sul territorio possa consolidarsi.

 

Cittadini del mondo, dove va?

Ho incontrato gli amici di Cittadini del mondo all’epoca della Riforma Gelmini (2008): la chiamavamo “deforma” perché imponeva tagli lineari e precarietà diffusa alla scuola e all’ Università italiane, oltre a un’organizzazione fortemente aziendalista. I risultati oggi si vedono bene, ma già allora si potevano intuire. Per chi volesse ripercorrere con sguardo largo quel periodo, consiglio il bel lavoro di Girolamo De Michele intitolato “La scuola è di tutti”. Alzi la mano chi si ricorda il Coordinamento Istruzione Pubblica! Insegnanti, studenti, sindacato: io e altri colleghi partecipavamo come ricercatori precari, e svolgevamo le nostre riunioni e attività proprio alla sede di Cittadini del mondo, in via Kennedy. Spesso eravamo così tanti che alcuni restavano in piedi, ma siamo sempre riusciti ad organizzare bellissime e pacifiche manifestazioni di dissenso. Leggo che vogliono spostarla a Chiesuol del Fosso, ma forse mi sbaglio. Come si può pensare che i ragazzi e le ragazze stranieri che abitano a Ferrara da poco tempo e che a Cittadini fanno lezione di italiano possano raggiungere un posto così fuori mano? Mercoledì 7 maggio alle 18 raggiungerò Cittadini del mondo nella loro storica sede per partecipare all’assemblea e discutere della situazione, immagino ci vedremo in tanti là.

Leggo che anche la sede del circolo Arci Bolognesi è in forse, e mi ritrovo in un nuovo flusso di ricordi. Abbiamo chiesto e ottenuto collaborazione per molte serate di autofinanziamento e informazione durante la campagna referendaria sull’acqua pubblica (2010-2011), dove abbiamo fatto incontri, aperitivi, concerti, tutti molto riusciti. Ricordo anche la scuola di musica e danza africana organizzata al Bolognesi, e il festival (con saggio) lungo le Mura nord. Ovviamente ho memoria dei tantissimi concerti e djset, musica così diversa e di grande qualità. Il Bolognesi è sempre stato un ambiente accogliente e vivo, aperto alle differenze e dove il divertimento si faceva intercultura. Poi l’anagrafica e gli impegni mi hanno portata lontano da questo angolo incantato (ne parla anche Bruno Zevi nel suo “Perché Ferrara è bella”) e da chi lo fa vivere, ma sarebbe grave perdere un luogo di socialità così ricco per un mancato accordo di convivenza con i residenti, se questo è il problema.

Mentre penso alle persone e agli spazi, le une che modificano gli altri e viceversa, l’emozione mi porta diretta alla chiusura del Centro sociale La Resistenza. Nella mia memoria è una delle case del Comitato acqua pubblica, ritrovo per i festeggiamenti più colorati del 25 aprile, delle cene vegetali e non con Marianna ai fornelli, dei seminari (ne ricordo uno bellissimo sul reddito di base e una serie intera su Michel Foucault), e i laboratori di giocoleria per grandi e piccoli nei pomeriggi di primavera, i concerti di musica industriale, il gruppo di acquisto solidale: i miei sono veramente pochi fotogrammi di un lungometraggio degno di Almodovar. Un energico collettivo che in autogestione ha incarnato per anni in città l’idea del centro sociale giovanile aperto a tutti/e. Infatti il pomeriggio, avendo tempo, si poteva giocare a carte con gli anziani del quartiere.

Se a tutto questo aggiungo la vicenda del Centro servizi volontariato, su cui risparmio i racconti perché sono troppi e sfilacciati, se penso che anch’esso è destinato al trasferimento (a Chiesuol del Fosso?!), mi chiedo che idea di città abiti nei progetti dell’Amministrazione comunale. 

Sindaco Fabbri, mi rivolgo a lei, davvero è utile allontanare una dopo l’altra le voci che suonano diversamente? Alla fine quale sarà l’effetto? Ci ripensi. Non per me, certamente, ma perché le monoculture non ci possono sfamare.

Pfas, Civica Anselmo e La Comune: “Monitoraggio dell’acqua destinata al consumo”

I due Gruppi consiliari hanno chiesto di “rendere pubbliche integralmente le risultanze”

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Una mozione, in Consiglio comunale, sul monitoraggio delle sostanze Pfas nell’acqua potabile dell’acquedotto comunale e a sostegno di una legge che vieti in Italia la produzione di questi inquinanti eterni. A promuoverla i consiglieri comunali Leonardo Fiorentini, Fabio Anselmo e Arianna Poli, della Civica Anselmo, e Anna Zonari, de La Comune di Ferrara.

La richiesta è accompagnata dall’auspicio che “il Parlamento emani al più presto una legge che proibisca la produzione e il consumo dei Pfas, fissando per le industrie un valore limite allo scarico di queste sostanze in ogni matrice (acqua, aria, suoli), oltre a limiti restrittivi nei depuratori civili e industriali e nei fanghi di depurazione e che supporti i comparti produttivi nazionali in un piano di riconversione industriale che faccia a meno dei Pfas”.

I consiglieri di minoranza si sono rivolti al sindaco e alla Giunta comunale per “richiedere al Gestore Hera Spa di sviluppare ulteriormente il monitoraggio e la quantificazione della somma di Pfas nell’acqua destinata al consumo umano nel nostro Comune, anche nei termini delle modifiche che saranno introdotte al Decreto legislativo 23 febbraio 2023, numero 18 e in recepimento della direttiva europea 2184/2020 3”.

Ulteriore richieste hanno aggiunto, quindi, di “procedere, in collaborazione con il gestore, all’analisi puntuale a campione dell’acqua potabile, o dell’acqua in bottiglia, erogata nelle scuole pubbliche presenti nel Comune”; di “rendere pubbliche integralmente le risultanze provenienti da Hera Spa – ed eventualmente da indagini effettuate in autonomia dal Comune stesso – circa la quantificazione della presenza delle singole sostanze Pfas, e comunque della qualità dell’acqua dell’acquedotto pubblico, e di farne capillare pubblicità, attraverso tutti i canali istituzionali, al fine di aumentare la
consapevolezza della popolazione circa la qualità dell’acqua consumata”.

Spazio, poi, a “richiedere alla Regione Emilia Romagna di implementare il piano di monitoraggio capillare su tutto il territorio regionale al fine di accertare il reale stato di contaminazione delle acque destinate al consumo umano”; a “richiedere alla Regione Emilia Romagna di farsi promotrice della sperimentazione che ha per oggetto il monitoraggio diffuso dell’acido trifluoroacetico Tfa, al fine di conoscerne la diffusione e l’accumulo nel tempo, verificando al contempo l’efficacia dei sistemi di trattamento delle acque rispetto a questi inquinanti”. Infine, Fiorentini, Anselmo, Poli e Zonari hanno concluso, con la richiesta di “sollecitare Governo e Parlamento, anche tramite l’invio di questa mozione, all’introduzione del divieto di produzione in Italia di questi inquinanti ‘eterni'”.

Anche La Comune di Ferrara digiuna contro il Decreto Sicurezza

Giovanna Tonioli, Andrea Firrincieli, Marcella Ravaglia e Daniela Cataldo aderiscono all’iniziativa preocupati per “questa torsione securitaria”

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La Comune di Ferrara aderisce al digiuno a staffetta contro il Decreto Sicurezza per denunciare l’approvazione di «un provvedimento che limita gravemente lo spazio civico, criminalizza il dissenso pacifico e mette a rischio diritti fondamentali di cittadine e cittadini».

L’iniziativa è stata promossa da a Buon Diritto, Acli, Antigone, Arci, Cgil, Cnca coordinamento nazionale comunità accoglienti, Forum Droghe, L’Altro Diritto, La Società della Ragione, Ristretti Orizzonti, in risposta alla forzatura istituzionale che ha visto il Governo trasformare il disegno di legge nell’ennesimo decreto legge, senza che vi fossero né necessità né urgenza, sottraendo al Parlamento la possibilità di concludere la discussione.

Per La Comune digiuneranno Giovanna Tonioli (7 maggio), Andrea Firrincieli (9 maggio) Marcella Ravaglia (11 maggio) e Daniela Cataldo (23 maggio), ma la lista potrebbe allungarsi nelle prossime ore.

“Ci preoccupa – dicono – questa torsione securitaria che si stringe sempre più attorno alle vite delle persone, vogliamo dare corpo alla nostra opposizione. Il digiuno a staffetta vuole essere una forma di resistenza civile nonviolenta contro «il più grande attacco alla libertà di protesta nella storia repubblicana» volto a comprimere i diritti e accentrare il potere”.

“Il decreto sicurezza – spiegano – reprime le manifestazioni pacifiche, il dissenso e la protesta sociale, inclusa la resistenza passiva; colpisce carceri e Cpr con l’introduzione del reato di rivolta (anche passiva) e con la reclusione di donne incinte o con figli piccoli negli ICAM (con la minaccia di separare i bambini dalle madri come
sanzione disciplinare); criminalizza la povertà e le fragilità; introduce il divieto della coltivazione e commercializzazione della canapa tessile; amplia i poteri delle forze di sicurezza e istituisce nuovi reati con pene pesanti anche per fatti di sola rilevanza sociale”.

Il digiuno è iniziato il 29 aprile e durerà fino 30 maggio, vigilia della manifestazione nazionale a Roma. Rappresenta una catena di solidarietà e resistenza civile, per dire no al Decreto Sicurezza: come suggerisce Don Ciotti, usiamo il corpo come strumento di protesta nonviolenta contro le leggi ingiuste. L’obiettivo è chiedere al Parlamento di non convertire in legge il Decreto Sicurezza.

Le inadempienze che ostacolano l’attività consiliare

Intervento di Anna Zonari de La Comune di Ferrara che auspica si possa “lavorare insieme per trovare soluzioni condivise e proficue per il bene della nostra città”

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di Anna Zonari*

Come consigliera comunale de La Comune di Ferrara, desidero richiamare l’attenzione su alcune persistenti inadempienze che, a mio avviso, ostacolano il corretto svolgimento dell’attività consiliare e il pieno esercizio del mio mandato.

È doveroso evidenziare che diverse interrogazioni e interpellanze da me presentate non hanno ricevuto riscontro nei termini perentori stabiliti dal Regolamento del Consiglio Comunale. L’Articolo 97, comma 4, e l’Articolo 98, comma 3, del Regolamento sono inequivocabili: le risposte devono essere fornite entro 30 giorni dalla presentazione.

Ad oggi, 30 aprile 2025, le interrogazioni e interpellanze in attesa di risposta sono le seguenti, con i relativi giorni di ritardo:

Interrogazione sul PUMS Piano Urbano Mobilità Sostenibile, presentata il 31.01.2025 (59 giorni di ritardo)
Interrogazione sul Rischio Idraulico presentata il 03.02.2025 (56 giorni di ritardo)
Interrogazione su ex Caserma Pozzuolo del Friuli presentata il 27.02.2025 (32 giorni di ritardo)
Interrogazione sulla campagna di diserbo chimico presentata il 05.03.2025 (26 giorni di ritardo)
Interpellanza su trasparenza e vigilanza sulle modifiche del perimetro del territorio urbanizzato presentata il 18.03.2025 (13 giorni di ritardo)
Interrogazione su interventi straordinari al verde pubblico presentata il 27.03.2025 (4 giorni di ritardo)
A ciò, si aggiunge la mancata risposta ad una richiesta di accesso agli atti presentata in data 10 ottobre 2024 e sollecitata in data 12 febbraio 2025, in merito ad una disposizione interna denominata “Istituzione, disciplina e disposizioni operative del “Nucleo Unità Cinofila”.

È opportuno ricordare che l’Articolo 39 del Regolamento del Consiglio Comunale prevede la possibilità che su richiesta di un quinto dei consiglieri in carica possa essere convocata una Commissione. Ai primi di novembre 2024, insieme a tutta la minoranza, abbiamo formalmente richiesto la convocazione di una commissione informativa sul tema del biometano,  per approfondire e valutare le molteplici implicazioni di ordine sanitario, ambientale e urbanistico derivanti dagli impianti per la produzione di biogas/biometano, già operativi o in fase di autorizzazione, situati nel territorio del nostro Comune.

In un’ottica di collaborazione e tenendo conto delle dinamiche interne all’Amministrazione, in seguito alla sospensione dell’ex assessore Lodi avvenuta a dicembre, ho atteso la nomina del nuovo assessore Vita Finzi (avvenuta in data 25 febbraio 2025) per ripresentare formalmente, in data 6 marzo, la richiesta di commissione.

Se da un lato sono consapevole degli impegni gravanti sull’Amministrazione, dall’altro non posso esimermi dal sottolineare che il reiterato mancato rispetto dei termini regolamentari mina la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa.

Rinnovo quindi l’auspicio che si possa lavorare insieme, nel pieno rispetto del Regolamento, per trovare soluzioni condivise e proficue per il bene della nostra città.

*Presidente Gruppo Consiliare La Comune di Ferrara

La strada giusta

Siamo veramente sulla strada giusta ?
È d’obbligo congratularsi con chi ha reso possibile un ottimo piazzamento per il progetto “Bici in comune”
per incentivare la mobilità alternativa e trasformarla in principale ma … in quale ambiente?
Con quale programmazione di sviluppo urbano ed extraurbano a breve, medio e lungo termine?
E Con quale integrazione dei sistemi di trasporto?
Ferrara crocevia del turismo lento
Ferrara si colloca in un ipotetico crocevia che ha potenzialità enormi ma che trova scarsa se non nulla risposta nelle infrastrutture dedicate al cicloturismo e nella pratica cittadina del trasferimento in bicicletta anche da paese a paese, da frazione a frazione.
Ben venga uno “sbocco a mare” per quanto già praticato tramite la ciclabile Ven-to (Venezia-Torino) e il successivo e progettato miglioramento verso Mesola (ma da tenere presente un aggancio molto interessante
con Goro e il Boscone della Mesola che aprono a sud e ai lidi fino a Ravenna).
Verso sud-est e Ravenna navigando nelle pagine delle bibliografie dedicate sembra che le piste ciclabili siano al 70 per cento condivise con altri mezzi di trasporto…
Ma anche lo sbocco verso sud e Bologna con la praticatissima via degli Dei che porta a Firenze e verso sud
ovest per Modena con la new entry via Vandelli che porta a Massa Marittima, voluta dagli Este, quindi storicamente importane (e che fa gridare Este Viva non solo a Ferrara ma anche a Modena e Massa, ma che noi ignoriamo completamente) la situazione non è migliore.
Verso Bologna non esistono ciclabili per uscire dalla città: siamo in attesa del progetto dei Comuni Terre del Reno che data 2020, ma tracce del progetto risalgono al 2014, e occorre arrivare a Malalbergo ed imboccare la Ciclovia del Navile per percorsi degni di questo nome.
Con l’avvento delle biciclette elettriche tutto cambia, non si puo solo pensare ad una gita in bicicletta ma prepararsi ad un turismo lento che vediamo già oggi in forte sviluppo e proveniente da tutta Europa e portatore di culture, valori ed educazioni diverse, che richiede le dovute risposte in coordinamento con i Comuni interessati sia in termini di sovrastrutture che in termini di accoglienza, servizi e accettazione da parte dei residenti.

E la Città delle biciclette ?
Parte dei fondi ricevuti andranno ad insegnare ai giovani di 1a, 2a e 3a elementare il valore etico e sociale della mobilità alternativa basata sull’impiego della bicicletta come mezzo di trasporto.
È ottima cosa creare l’imprinting per una buona abitudine nelle giovani leve, peccato che gli insegnamenti impartiti verranno immediatamente disattesi all’uscita delle scuole, quando i piccoli uomini saliranno sulle auto dei genitori, spesso parcheggiate in doppia fila, per tornare a casa in modo sicuro.
E per loro il muoversi in bicicletta sembrerà solo una lezione un po’ divertente, non un modello di educazione, non un valore in cui credere, perché seguiranno l’esempio avuto dalla famiglia.
Ma è anche comprensibile, nel danno sociale e ambientale che produce, perché se mancano le infrastrutture dedicate, piste sicure, comportamenti stradali sicuri, poi non si può pretendere che si applichino gli insegnamenti ricevuti.
A poco serve distribuire per la città isole di ricarica delle biciclette elettriche, costate un patrimonio e che giacciono sotto gli occhi di tutti, inutilizzate perchè obsolete (le batterie delle e-Bike consentono ormai trasferimenti ben più lunghi di un normale trasferimento sopportabile).
A poco servono tratteggi lungo arterie cittadine sovraccariche e condivise da tutti i sistemi di trasporto e che
portano i ciclisti ad usare marciapiedi come alternativa più sicura.
A poco servono manifestazioni sportive, per quanto utili alla salute, se non si ha il modo di applicare costantemente le buone pratiche della leggera/moderata attività fisica spostandosi in bicicletta per una città e un
territorio che non è ancora propriamente bike-friendly.
Quanto al turismo, siamo ancora in attesa dell’affidamento del Camping, ristrutturato da tempo c a spese
del Comune di Ferrara, ad un Gestore privato, nonostante la presenza di traditori cartelli stradali che fanno intendere sia aperto: non è una bella figura nei confroti dei turisti, soprattutto di quelli che praticano turismo
lento.
Forse sarebbe stato il caso di pensare da subito ad una gestione Comunale.
Teniamo il finale sospeso, immaginando che sia una prima puntata di una serie che veda come obiettivo Ferrara una vera Città delle biciclette, con la Cultura della bicicletta e non una città con le biciclette.
Perché vincere un premio è un evento eccezionale, non è la regola e nemmeno una certezza (e una strada) su cui fare affidamento per un cambiamento strutturale e soprattutto comportamentale.
Insieme si può fare.

Ferrara, città delle biciclette, per tutti

Alcuni giorni fa sulla stampa locale si è avuta la notizia che Il Comune di Ferrara ha partecipato e vinto l’avviso pubblico di portata nazionale Bici in Comune”, confermando che la Giunta tiene in considerazione e persegue gli obiettivi di incentivare la mobilità ciclabile e l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto sostenibile. Ciò, gli articoli sottolineano, è ovviamente possibile se si realizzano, in primis, progetti di riqualificazione e messa in sicurezza delle piste ciclabili. Bello anche pensare alla progettazione e organizzazione di eventi aggregativo-sportivi ciclistici che rimarcano un ciclo turismo inclusivo e accessibile a tutti.

Ferrara citta dele bicilette può diventare una realtà invidiabile. Come non esserne fieri?

Nei giorni immediatamente succcessivi si leggono però, sempre sui giornali locali, anche altre notizie: nel pomeriggio di mercoledì 30 aprile, poco dopo la rotonda di Via Caldirolo, mamma e figlia vengono investite mentre attraversano la strada, giovedì primo maggio in via Calzolai due motociclisti sbandano rimanendo feriti. La cronaca è sempre piena di questi fatti.

A titolo più personale ricevo, da amici, racconti di spaventi e pericoli vissuti nell’attravesare la città, per spostamenti quotidiani, per recarsi al lavoro, accompagnare i figli a scuola, fare la spesa, fare due pedalate.

Fiab e Caldirolo libera si sono molto attivate per sottolineare l’assenza di piste ciclabili (via Caldirolo dall’incrocio con via della Fornace fino alla rotonda di PortaMare di nuovo in pole position), piste ciclabili che ad un tratto spariscono (come da Barco alla città ) assenza di controlli, troppe auto e troppo veloci.

Esiste una Giornata Mondiale del Ricordo delle Vittime sulla Strada il che fa pensare istintivamente che il problema non è così indifferente.

Allora c’è da chiedersi come mettere insieme queste due anime incoerenti di Ferrara città delle biciclette? È bello sentire il Sindaco che afferma che “Ferrara sta diventando sempre più un esempio virtuoso di mobilità sostenibile non solo in Italia ma anche in tutta Europa”, ma come possiamo spiegare ai cittadini che se sei turista puoi vivere una esperienza culturale e naturalistica dedicata, protetta e sicura, ma se sei un’abitante del comune e scegli di usare la bici per i tanti motivi descritti, rischi la vita?

Questa duplicità si riscontra anche prendendo in considerazione i fondi destinati alle piste ciclabili urbane rispetto alle ciclovie turistiche, per entrambe comunque insufficienti.

Sappiamo che il nuovo Codice della Strada dà più libertà di circolare ai veicoli a motore (che secondo i dati Istat causano il 94% degli incidenti e il 98% dei morti); limita l’uso degli autovelox invece di limitare la velocità, prima causa di collisioni con morti e feriti gravi.

Sappiamo che nel nostro territorio si fanno iniziative encomiabili dedicate alla prevenzione, ma la consapevolezza dei cittadini non risolve la insufficiente realizzazione di aree pedonali, piste e corsie ciclabili, zone a traffico limitato e a basse emissioni, Probabilmente l’azione dei Sindaci è attualmente più limitata, ma proprio per l’orgoglio con cui abbiamo ricevuto la notiza del successo di Ferrara chiediamo al nostro primo cittadino di non desistere ed appianare questi aspetti ambigui e iniqui sull’uso delle biciclette perchè sia un costume quotidiano concreto e lodevole e non solo una medaglia da esibire.

Psicopatia e potere. Esistono anche gli psicopatici di successo

Mi trovo in una situazione conflittuale perché la mia deontologia dice che fuori dal setting psicoterapeutico fare diagnosi se non richiesto è una forma di prepotenza, una violazione. Contemporaneamente ci sono situazioni così eclatanti nella vita politica attuale locale (Ferrara), nazionale ed internazionale che mi suggeriscono una chiave di lettura proprio in termini psicodiagnostici.

Forse ho trovato una soluzione: non ho l’autorevolezza per poter illustrare e provare alcune ipotesi su psicopatia e potere ma posso proporre una sorta di identikit. I lettori decideranno se e per chi è calzante.

Il grande dittatore

Psicopatico di successo. Questa definizione non è un divertissement. Esistono individui con tratti psicopatici, quali mancanza di empatia, narcisismo e manipolazione, che riescono a raggiungere alti livelli di successo in vari settori professionali, dalla politica al mondo degli affari, spesso traendo vantaggio dagli altri, alle volte senza entrare in contrasto con la legge, altre volte costruendo leggi ad hoc.

Asserisce lo psichiatra argentino Hugo Marietánuno dei principali specialisti sulla psicopatia: “La politica è un ambito nel quale lo psicopatico si muove come un pesce nell’acqua. Ciò non significa ovviamente che tutti i leader o politici siano psicopatici. Però è vero che, laddove c’è potere, ci sono psicopatici, indipendentemente dalle ideologie”.

Per capire il fenomeno degli psicopatici di successo, penso sia utile cominciare elencando le caratteristiche affettive, interpersonali e comportamentali del disturbo di personalità psicopatica nella sua accezione più diffusa e più nota, una costellazione di fattori che possiamo incontrare a vari livelli anche nella nostra dimensione relazionale più quotidiana:

  • Loquacità/fascino superficiale: disinvoltura, capacità di dare risposte pronte, divertenti e intelligenti, o di raccontare storie improbabili ma convincenti su di sé che lo mettono in buona luce;
  • Senso grandioso del Sé: opinione eccessivamente elevata del proprio valore e delle proprie qualità, a causa delle quali risulta arrogante e supponente;
  • Bisogno di stimoli/propensione alla noiasperimentando facilmente la noia esiste la tendenza a mettere in atto comportamenti rischiosi;
  • Menzogna patologica: tendenza a mentire come modalità frequente nelle interazioni con gli altri e con un ottima abilità nel mentire;
  • Manipolazione: per conseguire un proprio scopo personale può far uso di inganni, menzogne e frodi;
  • Assenza di senso di colpa: assenza di emozioni morali  e di preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie azioni;
  • Affettività superficiale: può dimostrare freddezza emotiva oppure mostrare un’espressione teatrale, ostentata e di breve durata;
  • Deficit di empatia: insensibilità e disprezzo per le emozioni e il benessere degli altri, visti unicamente come soggetti da manipolare per il proprio vantaggio;
  • Deficit del controllo comportamentale: bassa tolleranza della frustrazione, comportamenti aggressivi di fronte alla critica e al fallimento, elevata irritabilità;
  • Comportamento sessuale promiscuo;
  • Mancanza di obiettivi e piani realistici a lungo termine;
  • Elevati livelli di  impulsività;
  • Una storia di comportamenti antisociali in età adolescenziale;
  • Problematiche comportamentali precoci;

Rispetto alle caratteristiche degli ultimi due punti ci sono differenti interpretazioni.

Ribadisco, perché importante, che gli psicopatici nella definizione più estesa, non mostrano alcuna preoccupazione riguardo gli effetti che le loro “cattive” azioni possono avere sugli altri, o addirittura su loro stessi. Possono commettere crimini impulsivi e non pianificati, persino quando la probabilità di essere scoperti e puniti sono elevate, ma per lo più sono sostanzialmente razionali e intatti dal punto di vista cognitivo. Sono la mancanza di profondità emotiva e un apprendimento dalle situazioni inadeguato che non permette loro di valutare le conseguenze delle loro azioni sulla sfera affettiva altrui.

La categoria degli psicopatici di successo si differenzia perché il loro narcisismo è senza limiti, hanno un bisogno costante di ammirazione e alimenta l’ambizione e il desiderio di raggiungere il successo e il potere a tutti i costi. La loro capacità di manipolazione spesso segue la filosofia machiavellica de il fine giustifica i mezziLe emozioni degli altri servono ad esclusivo vantaggio personale, non hanno alcuna considerazione per le conseguenze sulle persone coinvolte.

In aggiunta mostrano un ottimo funzionamento esecutivo e capacità decisionale che coesistono e scavalcano le aree associate all’ empatia. Se confrontati con gli psicopatici antisociali, che come abbiamo visto possono essere impulsivi e violenti, quelli di successo sono spesso in grado di pianificare le loro azioni con attenzione e di mantenere una facciata di normalità e competenza. Un funzionamento cognitivo integro o superiore consente loro di pianificare i loro misfatti in modo da evitare di essere scoperti. I colpevoli sono sempre altri.

Credo che ognuno potrà individuare corrispondenze con profili reali e famosi in settori più o meno importanti della società e della politica del passato e attuale. Avete qualche esempio concreto che si affaccia nella vostra mente?

Aggiungo una considerazione per aiutarvi nella individuazione di tali soggetti. Generalmente, quando si descrive una persona psicopatica si pensa a un soggetto di genere maschile.

In realtà il numero di donne che soffrono di questo specifico disturbo psichiatrico potrebbe essere molto più alto di quanto si possa immaginare. Il motivo principale per cui le donne psicopatiche non vengono notate tanto quanto gli uomini psicopatici, risiede in una esternalizzazione comportamentale molto più contenuta ma altrettanto deleteria. Risultano più inclini ad esprimere la violenza in forma verbale piuttosto che fisica, prediligono una violenza prettamente di natura emotiva e relazionale, attuano comportamenti subdoli per ottenere vantaggi personali.

Ne avete presente qualcuna?

Per facilitare il riconoscimento del comportamento di un individuo antisociale e un individuo psicopatico, aggiungo alcuni esempi cinematografici che risultano molto efficaci anche se sono casi che appartengono esclusivamente al mondo criminale.

Pensiamo a personaggi come Alex De Large (il protagonista del film Arancia Meccanica di Stanley Kubrick del 1971, più rappresentativo del versante antisociale), Hannibal Lecter (Il Silenzio degli Innocenti, Demme J. del 1991), Joker (Il Cavaliere Oscuro, Nolan C. del 2008).

I loro comportamenti sono intrisi da una logica molto strutturata, una pianificazione dettagliata e una grande freddezza emotiva, è evidente la loro grande intelligenza e il loro fascino nel modo di parlare e nel loro atteggiamento, possiedono un lessico molto coinvolgente e quasi ammaliante. Credo che tutti noi, da spettatori, ne abbiamo subito la malia e non ci sono sembrati, seppur cattivi, così antipatici.

A riprova e per finire, vi propongo uno stralcio di una intervista di Laura Di Marco a Hugo Marietán citato all’inizio.

Come distinguiamo facilmente un politico psicopatico?

 Lavora sempre per sé stesso, anche quando dice il contrario. Tende a occultare questa ambizione con obiettivi sovranazionali, quali la sicurezza, la patria, la povertà, la rivoluzione, ecc. È un bugiardo e può anche fingere di essere sensibile, e le persone gli credono più e più volte, perché sa essere molto convincente. Un dirigente sa che deve svolgere le sue funzioni durante un determinato periodo di tempo. Lo psicopatico, invece, una volta che si trova in cima, non ce lo toglie più nessuno: vuole starci una, due, tre volte. Non rinuncia al potere, meno che mai lo delega. Intorno al dirigente psicopatico si muovono gli ossequiosi: persone che, sotto l’incantesimo del suo effetto di persuasione, sono capaci di fare cose che in altre situazioni non farebbero. E possono essere anche persone molto intelligenti.

E non vi è modo di esercitare il potere senza essere uno psicopatico? Perché, diciamolo: più o meno, in qualche modo tutti i politici lavorano per sé stessi.

Certo che si può esercitare il potere senza essere psicopatici e, di fatto, la maggioranza dei leader non lo è. In qualche maniera è vero che tutti i politici lavorano per sé stessi, perché vogliono essere rieletti, ma lavorano anche per gli altri, cercano di produrre benefici. Allo psicopatico, invece, di produrre benefici per le persone non importa affatto, e se questo avviene è per via di qualche effetto collaterale. Un leader comunitario si distingue anche per il fatto che forma alleanze e genera consensi. Cede per avanzare nella carriera politica. Lo psicopatico, al contrario, è carente di capacità per offrire/generare consensi, giacché non può mettersi nei panni dell’altro. Per questo, è difficile entrare nella sua testa.

E come si sostituisce un politico psicopatico?

Con un altro psicopatico, o con l’unione di tanti politici comuni, con un alleanza. Per un politico normale solo, il tutto risulta impossibile da gestire.

Il gatto e la volpe

Diagnosi infausta.

Allora non facciamo come Pinocchio.

Siamo tutti chiamati a giocare un ruolo attivo nel riconoscere e gestire i Gatti e le Volpi, ponderando la loro capacità di guidare con etica, integrità e legalità. Dobbiamo smascherare le manipolazioni, rifiutare il ruolo di complementari, non rinunciando al nostro pensiero critico e usando tutti gli strumenti della democrazia.

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“Eventi Darsena, servono limiti per il rumore”

La consigliera comunale Anna Zonari (gruppo ’La Comune’ del Consiglio comunale) ha interpellato il sindaco Alan Fabbri e l’assessore competente…

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La consigliera comunale Anna Zonari (gruppo ’La Comune’ del Consiglio comunale) ha interpellato il sindaco Alan Fabbri e l’assessore competente sul piano del rumore, gli eventi e le misure a tutela dei cittadini. “Se ritiene sui problemi di inquinamento acustico nella città di Ferrara sia rispettato l’obbligo di coinvolgere il pubblico nelle decisioni relative all’autorizzazione di attività che possono avere effetti significativi sull’ambiente – le domande contenute nell’interpellanza –. Se ritiene che il Piano del Rumore, approvato dalla Giunta solo otto giorni dopo l’affidamento alla Airis a predisporlo, contenga una classificazione acustica rispondente all’attuale situazione; quando, quanti e quali rilievi fonometrici sono stati effettuati per verificare e aggiornare la mappatura acustica dell’agglomerato di Ferrara alle condizioni reali e attuali del territorio; che limiti di orario, durata massima e massimo rumore verranno fissati in deroga per le manifestazioni ( musicali e non) che si svolgeranno in aree come la Darsena, piazza Trento Trieste, piazza Ariostea e altre dove i residenti hanno lamentato in precedenti esperienze il disturbo del riposo”.