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La Comune di Ferrara | Femminile, Plurale, Partecipata

Inviato il:

11 Ottobre 2025

Rodolfo Baraldini

BLOCCARE L’ECONOMIA DELLO STERMINIO

Nel 1880, in Irlanda, un Capitano inglese, amministratore terriero dei possedimenti di Lord Erne nella Contea di Mayo, si rese noto per i suoi metodi duri e disumani contro gli affittuari (i contadini irlandesi) che non potevano pagare i canoni d’affitto, in un periodo di grave crisi economica. Gli abitanti del luogo decisero allora di interrompere ogni forma di rapporto e collaborazione con il Capitano. Nessuno gli lavorava più i campi, nessuno gli parlava, i negozi si rifiutavano di servirlo e la sua posta non veniva recapitata. Realizzarono una forma di ostracismo economico e sociale, definendo un modello di resistenza popolare, non violenta, contro l’ingiustizia. Il Capitano inglese dovette abbandonare l’Irlanda. Si chiamava Charles Cunningham Boycott e dal suo cognome a preso vita il termine BOICOTTAGGIO.

Oggi contro la gravità dei crimini di guerra e contro l’umanità, le popolazioni e i singoli cittadini si trovano spesso con una limitata gamma di strumenti diretti per esercitare pressione effettiva sugli Stati, sulle organizzazioni o sulle aziende coinvolte. In questo scenario di difficoltà, il boicottaggio economico e di relazione emerge come una delle poche e potenti armi pacifiche a disposizione, trasformando le scelte individuali in una forma di protesta collettiva.

A livello internazionale poi, le istituzioni e le corti penali operano con tempi lunghi e con un’efficacia che dipende spesso dalla cooperazione degli Stati più potenti, i quali a volte sono essi stessi silenti complici di quei crimini. Le tradizionali vie di protesta, come manifestazioni, denunce o appelli, servono a generare consapevolezza e rendere visibile il crimine o l’ingiustizia , ma quasi sempre non riescono a imporre un cambiamento immediato o sostanziale sui decisori politici o economici responsabili dei crimini.

Inoltre, il potere economico e militare dei soggetti incriminati è tale da rendere quasi irrilevante la singola obiezione morale. È qui che l’azione nonviolenta, come il boicottaggio, offre un meccanismo di pressione orizzontale e decentralizzato, capace di aggirare le gerarchie di potere.

Le recenti grandi manifestazioni contro il genocidio/per la palestina libera/per la pace sono la prova che milioni di persone vedono con ribrezzo quello che sta succedendo al popolo palestinese. Personalmente vedo con ribrezzo anche quello che ha fatto Hamas il 7 ottobre 2023 massacrando più di un migliaio di civili israeliani e dando il pretesto al cinico Netanyahu per la spropositata reazione della etnocrazia israeliana. Ma se si vuole fermare la barbarie dei crimini di guerra, dell’apartheid, della pulizia etnica e del genocidio, che non sono iniziati il 7 ottobre 2025, penso che un grande boicottaggio economico di tutti i prodotti di aziende israeliane o di aziende sodali allo stato ed esercito israeliano oggi possa essere più incisivo di qualunque altra manifestazione di dissenso. Bisogna trasformare l’indignazione etica emersa nelle piazze in una leva economica concreta, che, se attuata su larga scala, ha il potenziale di imporre un costo insostenibile allo status quo israeliano e forzare un cambiamento di rotta verso un cessate il fuoco e una soluzione pacifica duratura. Ma la strategia BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni), va focalizzata sugli attori più influenti e il boicottaggio di un cittadino italiano può esercitarsi solo su quelle aziende e prodotti a cui può accedere. Sul web sono disponibili varie liste di aziende israeliane e entità globali con attività significative in Israele. Hanno lo scopo di orientare coloro che intendono prendere decisioni di acquisto volte a esercitare pressione sul governo israeliano e a far rispettare il diritto internazionale. Ma sono elenchi troppo lunghi dove risulta difficile focalizzare una azione mirata percorribile per un semplice cittadino come me. Avendo poi trovato alcune discrepanze ( che senso ha indicare Carrefour come marchio da boicottare quando tutti i market Carrefour in Italia non sono della Carrefour ) mi sono estratto una mia lista operativa.

PRODOTTI AGRICOLI: anche se l’export agricolo non incide pesantemente sulla bilancia commerciale israeliana gli avocado, mango, pompelmo, datteri, melograno, papaia che troviamo nei negozi possono provenire da Israele se non addirittura da territori occupati. Se il market o negozio non espone l’etichetta di provenienza chiedo espressamente la provenienza di questi frutti in modo da sensibilizzare anche la catena di distribuzione.

TEVA: in farmacia rifiuto espressamente i farmaci generici a marchio TEVA o RATIOPHARM ( azienda tedesca acquisita da TEVA) chiedendo un fornitore alternativo, che in genere c’è .

Non prenoto più soggiorni tramite BOOKING o AIRBnB da quando hanno segnalato che promuovono alloggi anche nei territori occupati.

Per i futuri acquisti mi sono segnato di evitare REEBOOK per le attrezzature sportive, INTEL per prodotti informatici e AXA per le assicurazioni.

Lo so è poco, ma qualcosa bisogna pur fare contro la barbarie.

 

 

SITI PER INFORMARSI:

WHOPROFITS :  CHI NE TRAE PROFITTO – Who Profits è un centro di ricerca indipendente dedicato a denunciare il ruolo del settore privato nell’economia di occupazione israeliana

BOYCOTT-ISRAEL.ORG:  Boicottare con uno scopo – Alleviare la sofferenza attraverso un’azione mirata

BDSITALIA.ORG: LIBERTÀ. GIUSTIZIA. UGUAGLIANZA. Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni per i diritti del popolo palestinese.


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